High and
2021, site-specific installation
La
progettazione di High and Dry (A bocca asciutta) si inserisce in una
ricerca a lungo termine cominciata nel Marzo 2020, inizialmente come creazione
di un archivio composto da immagini di piscine vuote di pubblico dominio
scansioni di esercizi scolastici di disegni tecnici fallimentari
e immagini
evocative di tensioni tra vuoto/pieno, bagnato/asciutto, esposto/coperto,
selezionate dal mio archivio personale.
Il tutto va
a comporre un immaginario visivo in costante mutamento ed evoluzione.
L’operazione
temporanea di High and Dry (a bocca asciutta) sarebbe dovuta consistere
nel parziale riempimento, nel rispetto dei suoi volumi, del Portale di
Carlo Scarpa, posizionato all’ingresso della Biblioteca
Il
monumentale elemento architettonico della porta in pietra d’Ischia, richiesto durante
la ristrutturazione nel 1985, come portale d’ingresso istituzionale IUAV, viene
rile
tto e ribaltato da Scarpa, che lo rende un portale profondo, accogliente,
orizzontale.
Da porta
valicabile a vasca gradinata, l’acqua che la riempie, riflette senza celare il
suo fondo e fa pensare all’intervento di Scarpa come ad una riflessione pratica
sull’idea di passaggio.
Un
passaggio che ho voluto indagare in quanto passaggio di stato: pieno/vuoto,
secco/bagnato, immortalando un processo di essiccazione e conservazione
manifesta del monumento, considerato in quanto tale sacro, e da proteggere ad
ogni costo, pur rischiando così un annullamento del suo scopo.
L’intenzione
sarebbe stata quella di riempire il portale/piscina progettato da Carlo Scarpa,
disteso ai piedi dell’entrata della Biblioteca IUAV ai Tolentini, di perline di
Silicagel trasparenti: essiccante e conservante non tossico e inodore,
solitamente utilizzato per la conservazione di beni culturali, deodorizzazione
e deumidificazione di ambienti e oggetti.
La
piscina è così non più spazio vuoto, ma spazio pieno di un elemento designato
per asciugare e conservare, è piena, in verità, di ciò che causa la sua
essicazione. Una riflessione sulla lotta costante tra vuoto, pieno, durevole ed
effimero e la relazione tra spazio contenitivo e contenuto, viene in questo
modo problematizzata: se un materiale essiccante
prosciuga una vasca che dovrebbe essere piena, a chi appartiene la disfunzione?
Il materiale essiccante fa il suo dovere, senza poter immaginare le
potenzialità dell’oggetto nel quale sta operando, ma allo stesso tempo, il
procedimento di trasformazione del potenziale che era stato immaginato e
desiderato da Scarpa nell’azione autoriale di sdraiare una porta monumentale, comporta
in questo caso, una conservazione e protezione del monumento stesso.
Nella corsa
alla conservazione per evitare il rischio di una contaminazione, il
mio intervento si sarebbe inserito come evidenza critica ad una tendenza legata
alla cieca smania di preservazione dello status da parte delle
istituzioni: più che di restauro si potrebbe parlare di prevenzione del
cambiamento.
La stessa ansia preventiva che ha poi portato al divieto di
realizzazione dell’opera, comunicatomi due settimane prima dell’inizio
allestimento lavori, e dopo due mesi di sviluppo del progetto, da parte del
rettorato IUAV, coronando così, profeticamente, la riflessione da cui il lavoro
era nato:
il paradosso di una disfunzionale volontà di preservazione.